COME ARGINE NELLA RETE, questo il titolo della mostra personale di Giuseppe Di Guida, curata da Massimo Sgroi alla Galleria Centometriquadri di Santa Maria Capua Vetere, continuando un impegno di ricerca, nei termini di una crudele disamina della società capitalistica, avviata da tempo e tesa a smascherare e a portare in luce, attraverso l’uso reiterato dei suoi simboli ( il pesante martello, i sacchi di valuta verde, il cagnolino che irrora con la pipì il secchio colmo di dollari, ma anche più di recente il tricolore che sovrasta un mucchio di cartoni ) il cuore marcio del Sistema che ha agguantato per sempre il mondo.

Venendo da impegno nel sociale e da installazioni e pratiche performative in luoghi abbandonati di sofferenza, interdizione e malattia, ( vedi Ospedale Psichiatrico di Aversa e consimili ) Di Guida sa che l’artista può scegliere liberamente se stare alla finestra a guardare senza muovere un dito, oppure rappresentare come ha ben evidenziato Sgroi, un argine nel flusso che tende a ridurre a merce l’uomo, ormai utilizzabile come segnalava Bauman, come mero moltiplicatore di consumi risorgenti.
Viste le immagini e la sua pittura intensa e profonda che colpisce e ferisce, è chiaro da che parte Di Guida ha deciso di stare.
Un flusso ininterrotto di immagini urticanti e ironiche, riporta a viva forza l’attenzione al reale, al qui ed ora, spingendo con forza più in là, il tentativo della nuova cultura elettronica e digitale della rete asfissiante, che tende a soffocare l’umano con l’imposizione del virtuale.
Baudrillard segnalava “ uccide l’illusione della realtà “ – e confonde le menti disperdendole nei fumi dell’irrealtà.


E’ sempre un sano immergersi, davanti alle opere di Di Guida, problematiche e riportanti la forza di gravità dell’umano verso un centro di attrazione perpetuo, rendersi conto con chiarezza perturbante – essere ferita, la vera pittura, come annotava Giorgio Cortenova, “ se non è ferita, non è pittura “.
Il dramma del nostro fragile presente in particolar modo nel post pandemia, è rimanere risucchiati nel gorgo dell’egoismo e dell’indifferenza, spegnendo l’attenzione e la domanda, la messa in causa, che Di Guida, invece, ora, dalla postazione dell’antica città sammaritana, attraverso le sue installazioni antagoniste e urticanti, e con la sua pittura a tratti iperrealistica, invade la percezione e il nostro silente privato, rilancia con sana perentoria forza dubitativa.