E’ ancora in corso alla Pagea Arte di Angri, diretta da Elio Alfano, la mostra dell’artista casertano Giuseppe Di Guida, dal titolo “ Né servi né padroni “ parola d’ordine degli anarchici, rimbalzata a lungo nel tempo della storia e delle ideologie per le quali sovente, si sacrificava la vita.

Non a caso la mostra è curata idealmente da Errico Malatesta.
E dopo accurata visita allo spazio propositivo di Angri che con la mostra di Di Guida, conclude il 2023, sembrano non esserci ormai più dubbi, grida l’artista – “ i sogni sono finiti all’alba “ occorre catapultarsi fuori con veemenza, dal clima ovattato e falsificante in cui la società capitalistica costringe l’umano, irretito nei falsi bisogni, e smodatamente egocentrico.
La visita nella grande sala squaderna il suo rosario di crude e nude verità; dalla religione che un tempo Karl Marx definiva “ l’oppio dei popoli “ che l’artista rilegge sui passi dell’amato Nietzche, come fuorviante pista per distaccarsi e non vedere le contraddizioni del presente, per auspicare un mondo “ altro “ di là da venire, alla cruda, urticante ferita della nascita, come suggerisce l’installazione di due bambolotti di plastica uno bianco e uno nero.
Quello nero riposa su uno sfondo di monetine, pietà e elemosina, mentre l’altro bianco è adagiato su un tappeto di valuta verde, e dal cranio fuoriescono pezzi acuminati di specchio.
La nascita è faccenda di geografie, di continenti e di latitudini. Su di esso soffiano e la orientano, i poteri forti e le lobby.




Il grande missile, razzo, ordigno o bomba volante troneggia da tiranno al centro della sala ( i cieli palestinesi ne registrano passaggi, l’ultima disperata difesa di un popolo martoriato assemblata in economia ) esso, nel suo crudo e algido biancore rappresenta l’emblema della distruzione a cui sono votati i popoli ( dopo le armi primordiali dei popoli nativi, questo è l’ultimo elisir di lunga vita ).
Anche l’acqua non sfugge al suo sguardo; da risorsa naturale a dominio di gruppi che la gestiscono ormai privatizzata, essa non è disponibile se non a costo di enormi fatiche e di stupri di ragazze giovanissime addette a raccoglierla nei paesi africani.
La pittura con i suoi enormi teleri irradia dalle bianche ed alte pareti, il suo racconto icastico di tende nel deserto, di grandi pesanti martelli (simboli che da sempre inseguono il suo narrare con occhi sbarrati sul mondo che abitiamo ) e non possono esserci sconti per nessuno afferma perentorio Di Guida.
Da anni con lucida e consapevole determinazione, alimentata da analisi approfondite transitanti per gli amati autori della Scuola di Francoforte ( Adorno, Horkheimer, Marcuse, Habermas ) e dai filosofi Nietzsche, e più vicini a noi Debord, come emblema della controcultura e dei situazionisti, l’artista casertano ad ogni apparizione rincara la dose, più forte è la denuncia più forte diventa l’arte che strappa la maschera al tiranno di turno.