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POSTHUMAN n.5 Walton Zed : Il volto del nostro tempo

Venerdì 24 Maggio si è aperta all’ABAN/ Museo Possibile di Nola, la Galleria d’arte e spazio
multidisciplinare fondata dal compianto artista Peppe Capasso, e diretta ora dal figlio Wladimiro, la rassegna dal titolo “ POSTHUMAN n.5 – Walton Zed : Un figurativo del nostro tempo, curata da chi scrive, e focalizzata sulla ricerca multidisciplinare del giovane artista attivo sui fronti del cinema, dei cartoni in movimento e della pittura.

Una forte attesa ha contraddistinto l’inaugurazione, che nelle settimane precedenti l’evento tramite social e passa parola, ha conferito alla grande messa in scena [ soprattutto tra le nuove generazioni e non solo ] carattere di assoluto interesse, sia sociologico, vista la cornice tematica che dalle devastazioni ambientali e crisi climatologica alle guerre in atto, alle derive e svilimento esistenziale nell’era dei nuovi medium, che impoveriscono l’orizzonte di attesa della vita umana, – fino al potente racconto, di una storia possibile – per immagini, aperto dal cartone “ DieDream “ apocalittica rappresentazione distopica di fughe, macerie, solitudini incarnate.

La serata inaugurale introdotta da Filomena Santorelli, che ha tracciato i ricordi e i passaggi che portarono alla nascita dell’ABAN Libera Accademia delle arti di Nola, nelle intenzioni del fondatore e ora, con la guida di Wladimiro Capasso, sempre più lo spazio si configura nella vasta area nolana, come luogo deputato alla contaminazione tra le arti.

Chi scrive, curatore della rassegna del giovane artista Walton Zed, partendo da lontano, dal titolo stesso scelto dall’autore per indicare una memoria ribelle datata inizi anni novanta; data significativa della importante rassegna aperta al Castello di Rivoli curata dal critico americano Jeffrey Deitch, e centrata sul tema delle identità cangianti, “ dal momento che il corpo umano non è più solo il terreno di una operazione artistica, come era accaduto nella Body art degli anni sessanta, e ora inteso come limite, confine biologico, e al tempo stesso come luogo di una protesta, di una provocazione che ha evidenti significati sociali e politici “ afferma in Crolli, Marco Belpoliti. Questa arte, non solo Deitch, ma anche Francesca Alfano Miglietti, la definiscono postumana, ciò che è in gioco è ora l’identità. Corpi e identità che vagano nel flusso sociale e storico cercando corrispondenze nelle mutazioni.

Temi questi vagliati da filosofi del calibro di Mario Perniola, che con il saggio L’arte e la sua ombra ha divelto barriere interpretative e oscurità di passaggi. Il giovane Walton, sfruttando al massimo la sua capacità di muoversi abilmente sui registri della multidisciplinarità delle arti [ cinema, cartoni in movimento, animazioni, e naturalmente pittura agita con le mani ] ha attivato con POSTHUMAN n. 5 un vasto repertorio/scenario di figurazione contemporanea [ volto del nostro tempo ] che inquieta e sobilla, al cospetto di rappresentazioni distopiche e disturbanti di pittura di impegno e qualità, mostra il lato oscuro, il rimosso, il perturbante, che chiede di venire alla luce, perché riaffiorando alla luce della coscienza possa esserci la cura.

Si delinea così tra le opere in rapida successione nell’interminabile corridoio della galleria, un focus infuocato di immagini; dagli studi del periodo in cui era studente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, ai numerosi passaggi successivi, quando invaso dalla consapevolezza di vivere in un mondo ormai poco umano e solidale, ha virato deciso, sulle contaminazioni in cui il regesto pittorico abbraccia la memoria del cinema tedesco degli anni trenta, ne evidenzia caratteri marcati e costruisce le allucinazioni del postumano 2024, con guerre tra popoli confinanti per sete di potere, minaccia nucleare e crisi climatologica nel nostro sguardo.

Il rapporto in atto della figurazione marca ambiti scottanti; la perdita del rapporto con la natura,
l’incapacità di vedere un “ vero “ reale, e non flirtato dalle immagini di smartphone e altri diabolici congegni, la perdita del carattere dei cinque sensi, la barriera artificiale imposta dai social che replica cloni di realtà virtuali.

Si esce frastornati e fuori della sala come invasi di luce, e nuovi corpi replicanti, che producono attrito con la nostra stanca consapevolezza di esseri umani, che assiste incredula, tra l’altro, alla pubblicità di metri 4×4 di case funerarie per una buona morte accogliente e confortevole. Viviamo “ un tempo penultimo “ scrive Belpoliti, una fine che non finisce di finire. E dulcis in fundo, magistrale servizio fotografico a cura di Jacopo Naddeo.

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